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#GIUSTIZIA GIUSTA 4: Separazione delle carriere


Cosa chiede il quesito?

Il quesito tratta il tema della separazione delle carriere dei magistrati, questo tema è un punto

controverso, che ritorna ciclicamente e viene alla ribalta da decenni ogni volta che si parla di riforme della giustizia.


Cosa sono le carriere delle magistratura?

Nel Titolo IV della Costituzione viene regolato il potere giudiziale, che consiste in un'unica giurisdizione (salvo tribunali speciali già esistenti in periodo pre-costituzionale), nella quale i magistrati si dividono solo per funzione ma appartengono allo stesso ordine. La Costituzione, pertanto, stabilisce che la magistratura è autonoma e indipendente ed è soggetta soltanto alla legge.

Per quanto riguarda, quindi la giustizia penale, vi sono due tipologie di giudici che sono i seguenti: i Pubblici Ministeri, coloro che svolgono la funzione inquisitoria; i magistrati giudicanti, i quali accolgono o rigettano le accuse e difese delle parti in causa ed emettono le sentenze.

Tutti i magistrati, dopo aver superato un concorso pubblico, vengono nominati dal Consiglio superiore della Magistratura, organo di autogoverno della magistratura che si occupa dell’organizzazione e gestione della giustizia.


Quante volte un magistrato può cambiare funzione durante la propria carriera?

Il nostro ex Ministro della Giustizia Roberto Castelli già nel 2006, riformò questo punto riducendo

drasticamente i cambi di carriera dei magistrati. Attualmente la legge prevede che un magistrato in carriera possa cambiare funzione per massimo 4 volte, con obbligo di permanenza di 5 anni della funzione, sostenimento di un concorso pubblico e trasferimento in un’altra corte di appello distante anche molti chilometri da quella di provenienza, ma ciò ancora non basta . Il quesito andrebbe a toccare proprio questo punto, portando il parlamento a legiferare in senso ulteriormente restrittivo al riguardo.


Quali sarebbero i benefici?

Avere una differenziazione delle carriere porterebbe a una massima garanzia nei confronti dell’imputato, in quanto un magistrato formato per una funzione rispetto che un’altra, svilupperebbe un miglior profilo psicologico oltre che giuridico in modo da garantire da una parte il raggiungimento più efficace della verità processuale e dall’altra un maggiore equilibrio nella valutazione degli elementi posti in giudizio e nell’applicazione delle pene . Questo garantirebbe all’imputato la piena applicazione dei principi cardine dell’ordinamento penale ovvero la presunzione di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio e la garanzia di un processo equo, con applicazione delle pene con proporzionalità ed adeguatezza.


Cosa diceva Giovanni Falcone al riguardo?

Il giudice antimafia, Giovanni Falcone, in un’intervista rilasciata a Mario Pirani il 3 ottobre del 1991, affermava che: «Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l'obbiettivo li occorrono. Nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para- giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti».

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