Il Romanticismo è un fenomeno letterario fondamentale all’interno della storia Europea del XIX secolo. Una delle sue caratteristiche più peculiari è l’essere riuscito a trasformarsi da semplice movimento letterario in movimento di più ampio respiro, dapprima come movimento culturale e successivamente come movimento socio-politico.
Ora, purtroppo, trattare del Romanticismo Europeo nella sua vastità e delle conseguenze che ha avuto su un secolo di grandi cambiamenti e trasformazioni richiederebbe ben altri spazi, ma quello che si può fare in questa sede è invece prenderne in esame, anche qua a grandi linee, una delle sue molteplici facce: il Romanticismo Lombardo.
Innanzitutto è importante ricordare che, da quando il baricentro della cultura e della letteratura in Europa si è spostato dall’Italia ad altri paesi e territori, la Lombardia ha sempre avuto un rapporto privilegiato rispetto al resto della penisola nel cogliere gli spunti e le tendenze del momento, vuoi per vicinanza geografica e influenza della dimensione mitteleuropea, vuoi per il suo dinamismo culturale e per la presenza di grandi letterati e pensatori. Non è certo un caso, infatti, che già l’Illuminismo avesse trovato terreno fertile in personaggi del calibro di Pietro e Alessandro Verri, Cesare Beccaria e Giuseppe Parini, intellettuali chiamati a collaborare dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria prima e dal suo successore Giuseppe II poi per attuare riforme che fossero volte al miglioramento della società Lombarda sotto un profilo economico-sociale, dal momento che le potenzialità c’erano e la laboriosità e la volontà di sviluppo non mancavano.
Questo importante processo vede successivamente una significativa battuta d’arresto a seguito della rivoluzione francese e della conseguente epopea napoleonica, che provocano un irrigidimento nelle istanze d’apertura dei governanti. Ed è qui che sulla scena letteraria Europea fa la sua graduale comparsa questo pensiero Romantico che si pone in diversi contesti come antagonista del pensiero Illuminista e Neoclassico, cosa che, però, non si verifica in Lombardia, dove non a caso si parla di Romanticismo come di secondo Illuminismo Lombardo.
Il focus della visione letteraria si sposta dalla ragione all’uomo, ed è un passaggio chiave per lo sviluppo successivo della nostra terra: letterati come Carlo Porta e Alessandro Manzoni non guardano alle facili utopie o alla fredda ragione, ma all’autenticità, al vero, all’Uomo. Guardano all’Uomo non con il successivo distacco del Naturalismo o della psicanalisi, ma con quell’occhio sensibile e profondo di chi ha a cuore ciò a cui guarda, come non si può non vedere pensando ai protagonisti del romanzo manzoniano, due personaggi umili, e al tono volto a celebrarne per certi versi l’ordinarietà o alle figure di antieroi delineate nella poesia dialettale del Porta, costantemente vittime dei soprusi dei potenti.
E’ una svolta a livello letterario perché per la prima volta non si ricerca l’uguaglianza sminuendo i grandi e degradando i potenti, ma elevando gli umili, riconoscendo il ruolo di ‘’quel volgo disperso che voce non ha’’ all’interno della storia.
E’ questo il primo passo per riconoscerne i diritti e la libertà (libertà che è sempre profondamente connessa alla responsabilità delle proprie scelte nel pensiero manzoniano) che dal singolo verranno poi estesi ai popoli. Così questo movimento letterario passerà da pensiero del progresso sociale e dell’uguaglianza ad essere una delle influenze principali del Risorgimento italiano.
In conclusione, quello che il Romanticismo Lombardo ci lascia in eredità sono le sue idee di progresso e di uguaglianza di stampo pragmatico, che ci ricordano ancora oggi che l’approccio politico e sociale deve essere quello costruttivo e concreto, distante dalle vuote ideologie e sempre finalizzato all’Uomo.
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