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Valentina Brovedani

#GIUSTIZIAGIUSTA 3: Equa valutazione dei magistrati

Oggi, in Italia, solo i magistrati possono valutare gli altri magistrati. Una situazione surreale che, come spiegheremo nell'articolo, va contro lo spirito stesso della Costituzione. C'è proprio da domandarsi: chi controlla i controllori?


Cosa chiede il quesito?

Il terzo quesito referendario intende estendere ai membri non togati dei Consigli giudiziari la possibilità di partecipare al procedimento di valutazione dei magistrati, attraverso l’abrogazione del Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), come successivamente modificato e integrato, alle seguenti parti:

- art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art. 7, comma 1, lettera a)”;

- art. 16, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art. 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”.


Le valutazioni di professionalità dei magistrati

Il D.Lgs. 160/2006 “Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati” ha stabilito un sistema di valutazione periodica della professionalità dei magistrati con cadenza quadriennale, a decorrere dalla data della nomina e fino al superamento della settima di tali valutazioni.

Il procedimento di valutazione si snoda attraverso tappe fondamentali che vedono il coinvolgimento di diversi organi di controllo: il Capo dell’ufficio, il Consiglio giudiziario territorialmente competente e il Consiglio Superiore della Magistratura (da ora CSM).

Se, da un lato, il CSM decide sulla scorta del parere motivato del Consiglio giudiziario, che riceve il rapporto del Capo dell’ufficio, e sulle eventuali segnalazioni del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, dall’altro, il parere del Consiglio giudiziario è espresso unicamente dai componenti appartenenti alla magistratura, dando luogo ad una sovrapposizione tra “controllore” e “controllato” e rendendo poco attendibili le valutazioni e favorendo la logica corporativa.


I Consigli giudiziari come organi territorialmente decentrati nel governo autonomo della magistratura

I Consigli giudiziari sono organi territoriali istituiti presso ciascuna Corte d’Appello e composti da magistrati e da membri non togati: avvocati e professori universitari in materie giuridiche.

La componente laica, che rappresenta un terzo dell’organismo, è però esclusa dalle discussioni e dalle votazioni che attengono alle competenze dei magistrati, limitata al ruolo di “spettatore”.

Solo i magistrati, dunque, hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati. Una condizione che è addirittura in contrasto con lo spirito della Costituzione, che ha voluto che nel CSM vi fosse una componente non togata con eguali poteri dei componenti magistrati.


Si sono registrati casi di pareri negativi?

La connotazione corporativa del sistema di valutazione della professionalità dei magistrati non ha subito alcuna modifica dalla riforma del 2006 e i rarissimi casi di pareri contrari al passaggio di carriera costituiscono prova provante.


Vince il sì: che cosa succede?

Con la vittoria del sì viene riconosciuto anche ai membri “laici”, rectius avvocati e professori universitari in materie giuridiche, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati, scardinando il sistema corporativo che investe, ad oggi, la giustizia italiana.


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