Habemus gubernum. L'Italia ha un nuovo governo, a meno di un mese dal voto espresso il 25 settembre dal popolo italiano. L'esito delle elezioni è stato inequivocabile: l'Italia ha votato centrodestra. La prima reazione è naturale: è stata bocciata la retorica trita e ritrita dei "competenti e responsabili". La stessa retorica che ha consegnato il Paese in mano prima a Mario Monti, nel 2011, e, dieci anni dopo, all'altro Mario. Stampa, politica e istituzioni estere, entrambe le volte, si spesero in grandi monologhi apologetici e in incensamenti sfrenati rivolti ai due omonimi presidenti del Consiglio. Dimostrando ancora una volta, a distanza di un decennio, come non sia mutato per nulla il ridicolo scollamento tra istituzioni/stampa e il sentire popolare, che per la seconda volta ha punito manovre percepite come losche e poco democratiche.
Già in precedenza su questo giornale abbiamo dichiarato con convinzione il nostro pensiero: l'ingresso della Lega nel governo Draghi è stato un sacrificio necessario per (tentare di) evitare la deriva progressista che il governo rischiava di prendere. A Salvini va dato il merito di aver fatto una scelta coraggiosa e - bisogna ammetterlo - impopolare (a volte queste scelte dolorose sono necessarie per il bene del Paese). Questa scelta ha permesso di bloccare provvedimenti allucinanti provenienti da sinistra, come le cittadinanze regalate con lo Ius Scholae e la follia liberticida del DDL Zan.
Oggi comincia la nuova esperienza di governo, stavolta senza sinistre arcobaleno o signornò alla grillina. Si spera in un governo d'azione. Del fare, non del sopravvivere. Agire, non galleggiare. Costruire, non stagnarsi. Ma da oggi niente scuse: è il momento di tener fede alle promesse che abbiamo fatto.
La componente leghista dell'esecutivo sembra promettere bene:
- Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture. Ministero chiave dal punto di vista politico, sociale e geopolitico. Avremmo rivisto volentieri il nostro segretario al Viminale, ma, lo sappiamo, la politica ha dei costi in termini di compromessi. Al Viminale vedremo invece Matteo Piantedosi, molto vicino a Salvini. Ci aspettiamo dunque continuità con le scelte fatte nel governo gialloverde in materia di sicurezza e immigrazione. Le Infrastrutture in Italia, comunque, sono un trampolino di lancio fondamentale per provare a immaginare un Paese che accelera e si trasforma.
- Giancarlo Giorgetti, ministro dell'Economia. Altro dicastero pesantissimo, affidato al vicesegretario della Lega, già ministro dello Sviluppo Economico.
- Roberto Calderoli, ministro degli Affari Regionali e dell'Autonomia. Per chi non crede alle coincidenze, non sarà difficile associare la nascita di questo governo con il referendum lombardo-veneto per l'autonomia di esattamente 5 anni fa. Il ministero è nostro. Lombardia e Veneto in mano alla Lega. Un governo di centrodestra... Non ci sono scuse. Adesso l'autonomia non è più rimandabile. Vai Roberto!
- Alessandra Locatelli, ministro della Disabilità. Ministero simbolico senza portafoglio, ma che getta o sguardo su categorie spesso ignorate dalla politica. Chapeau a Matteo Salvini per aver portato avanti questa battaglia.
- Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione e del Merito. Ora, tralasciando il "Merito", l'Istruzione è un dicastero di grandissima importanza. Nella tragica deriva culturale che sta vivendo il Paese, gestire questo ministero apre la strada per una possibile riforma della Scuola, fatta come Dio comanda. Dalla parte degli studenti, che devono tornare a vedere la scuola come un luogo di cultura e di formazione umana e non più come una grande azienda che li instrada al glaciale mondo globalizzato e disumanizzante; e anche dalla parte degli insegnanti, troppo spesso gabbati dai precedenti governi.
L'occasione per cambiare le cose c'è. Basta soltanto saperla cogliere. Buon lavoro.
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