LA STORIA SI RIPETE SEMPRE DUE VOLTE: LA PRIMA COME COMUNISMO, LA SECONDA COME POLITICAMENTE CORRETTO
Giugno, il mese che segna l'inizio dell'estate, è ormai finito. Da alcuni anni, giugno è anche il mese del cosiddetto “pride” e della libertà sessuale. Questo evento è direttamente collegato al fenomeno del cosiddetto politicamente corretto, che nominiamo e di cui sentiamo molto parlare ma che in pochi riescono a definire. Ma cos’è essenzialmente il politicamente corretto? Come può essere condensato e descritto, in maniere semplice, questo fenomeno così complesso, sfaccettato e pervasivo?
Iniziamo con un piccolo excursus storico. Il fenomeno del politicamente corretto nasce, come tutti i fenomeni culturali moderni, oltreoceano, negli Stati Uniti, più precisamente all’interno dei campus americani. Qui, tra gli anni ’70 ed ’80, si cercò di trovare il motivo dei fallimenti del Civil Rights Act del 1964 sui diritti civili degli afroamericani, e per questo motivo venne coniata l’ideologia woke, o wokismo, vero fulcro ideologico del politicamente corretto. Il termine woke è un derivato dello slang del mondo afroamericano ed è un sinonimo della parola awake, sveglio. Stay woke può essere tradotto come stare all’erta o stare svegli nei confronti di presunte ingiustizie sociali. Nel corso dei decenni, però, la lotta alle discriminazioni portata avanti dal wokismo si è arricchita di nuove minoranze da proteggere, principalmente le donne e chiunque avesse un orientamento sessuale diverso dall’etero.
In sintesi, in che cosa consiste questa ideologia? Il wokismo non è nient’altro che marxismo che ha spostato il proprio focus dal contesto economico al contesto di genere, di etnia e di orientamento sessuale. Così come l’imprenditore è sempre dalla parte del torto, in quanto sfruttatore, e il lavoratore è sempre dalla parte del giusto, in quanto sfruttato, allo stesso modo il maschio bianco etero risulta essere il non plus ultra dello sfruttamento, mentre tutti gli altri esseri umani con attributi differenti in termini di genere, etnia e orientamento sessuale risultano essere gli sfruttati.
Secondo Marx, la classe economicamente dominante influenza la struttura stessa della società, della cultura e della religione per poter giustificare la propria posizione. La stessa cosa viene descritta dal wokismo, che denuncia come il maschio bianco etero abbia plasmato la società, a partire dalla lingua, per potersi garantire il proprio dominio. Da qui nasce l’ossessione del politically correct per le parole che devono rispettare tutti, con l’introduzione di asterischi e altri segni grafici ridicoli.
Ovviamente tutti gli sfruttati sono uguali, anche se ve ne sono di più uguali degli altri, cioè coloro che sommano su di sé più caratteristiche associabili alle minoranze (es. donna di colore lesbica). Ciò che si ottiene è quello di suddividere l’umanità in una sorta di “caste del vittimismo” in cui più sei categorizzabile in varie minoranze maggiore è la tua posizione di “vittima” e quindi la possibilità di recriminare per i suoi diritti negati. Il paradosso è che un’ideologia nata con l’intento di aumentare l’inclusività abbia invece prodotto un esacerbarsi delle differenze, sempre di più sottolineate per categorizzare la società.
Ennesimo parallelismo tra marxismo e wokismo sta nell’odio e intolleranza che lo sfruttato deve provare per lo sfruttatore. Odio che, nei regimi comunisti, si è trasformato in persecuzione per chiunque venisse recepito come non proletario e che oggigiorno si osserva nel disprezzo che il mondo progressista riserva per chiunque non sia ideologicamente allineato.
La società che sta così nascendo risulta essere composta da individui-atomi completamente slegati tra loro ed interessati solo ad utilizzare i pronomi corretti e a combattere inconcludenti battaglie cosmetiche. Una non-società in cui vige la cultura del piagnisteo e del perenne vittimismo.
Comments