Nel giorno del venticinquesimo anniversario dalla sua scomparsa, ricordiamo Bettino Craxi, statista e grande uomo politico.
Bettino Craxi nasce a Milano, da padre siciliano e madre lombarda, e fin da ragazzo coltiva una viva, ribelle e ardente fede politica: per tutta la vita, fin agli ultimi istanti della sua esistenza, brucia in lui il fuoco della passione socialista e della propria patria, a cui dedica la sua intera esistenza. Uomo devoto alle sue idee, segretario del Partito Socialista Italiano (di cui fu il primo esponente a ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio), di Bettino dobbiamo conservare l’esempio di uomo di Stato in grado di onorare i propri principi anche in situazioni di grande avversità.

Morto in Tunisia, ad Hammamet, il 19 gennaio del 2000, chiuso in un esilio (più o meno) volontario sia fisico che politico, Craxi fu protagonista dell’ultima stagione di gloria politica del nostro Paese, prima che il nuovo corso inaugurato da Mani Pulite e dalla firma del trattato di Maastricht (delle cui implicazioni fu un grande critico: “Si presenta l’Europa come una sorta di paradiso terrestre — disse dalla Tunisia — ma l’Europa per noi nella migliore delle ipotesi sarà un limbo, nella peggiore delle ipotesi sarà un inferno”) travolgesse il nostro Paese, aprendo il trentennio di stagnazione economica e rinunce in cui ancora abbiamo la sfortuna di vivere.
“La mia libertà equivale alla mia vita”.
(Iscrizione sulla sua tomba, presso il cimitero cristiano di Hammamet)

Una figura profonda, sicuramente non monodimensionale, né privo di ombre, Craxi seppe incarnare il meglio e il peggio dell’Italia del suo tempo: se agli occhi dei suoi contemporanei sembrò, infatti, il simbolo della corruzione e del malcostume che investivano l’intera classe dirigente (che poi ebbe gioco facile a usare la sua figura pubblica come capro espiatorio), fu però anche in grado di interpretare in maniera eccelsa il ruolo che la Storia gli aveva affidato, facendo rispettare l’Italia e la sua sovranità in diverse occasioni e dimostrando, in questo modo, un coraggio affatto scontato: dalla crisi di Sigonella con gli americani, alla delicata questione palestinese, passando per le audaci relazioni privilegiate che tenne con Gheddafi, Craxi seppe guidare l’Italia attraverso una linea politica originale e autonoma.
Sebbene la sua Italia venga non di rado dipinta come “un’Italietta” troppo piccola e impotente nello scacchiere internazionale (dimenticando che fu proprio in quel frangente che raggiungemmo il quarto posto sul podio delle economie mondiali: un fatto inaudito e inedito) e la sua condotta morale sia stata spesso oggetto di forti contestazioni, da Craxi abbiamo molto da imparare.

Oltre al coraggio, alla perseveranza e alla determinazione, che mancano in una ampia fetta della nostra classe politica, è soprattutto la volontà di non piegare il capo di fronte allo straniero, di non piegarsi acriticamente ai diktat che arrivano dall’estero, di non cedere alle privatizzazioni ad ogni costo e alla svendita di ciò che rimane in controllo del nostro Stato, che dobbiamo mutuare dal grande statista milanese.
Ancora oggi, 25 anni dopo, la stella di Craxi rifulge e rischiara il firmamento della storia politica d’Italia, mostrando col suo esempio, e nonostante gli errori che commise, un cammino sicuro e deciso, degno del Paese che siamo. In un mondo di moralisti e buonisti, non sarebbe male avere il coraggio, ogni tanto, di essere Bettino Craxi.
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