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50 anni delle Regioni

In questo sfortunato 2020, ricorre il cinquantesimo anniversario dell’istituzione delle regioni. Un compleanno passato in secondo piano per colpa della Pandemia, anche se, si può sospettare che il Governo più centralista della storia non abbia a cuore questi festeggiamenti, anzi..


Le Regioni , sono l’ultimo grande ente locale (se si escludono le Città Metropolitane) ad essere sorto, pur essendo L’Italia uno stato nato neanche due secoli fa, da un'unione di principati, ducati, regni ecc, tra di loro diversissimi ed indipendenti per secoli. Pur essendo l’autonomismo e il federalismo presenti nel Risorgimento, il nuovo Regno d’Italia mantenne la struttura amministrativa del vecchio Regno di Sardegna, a sua volta derivante da quella francese, e consistente in un forte centralismo con una divisione in Comuni, Circondari, Mandamenti e Province, tutti sottoposti ad un rigido controllo statale tanto che gli organi esecutivi, inizialmente, erano nominati dal Governo.


Ci furono tentativi già nel 1863 con Minghetti di istituire le Regioni, ma furono tutti vani e per tutta la durata del Regno Sabaudo si mantenne la vecchia struttura centralista che venne ulteriormente irrigidita durante il Fascismo.


Con la Resistenza e la nascita della Repubblica, le forze autonomiste riuscirono ad impostare una costituzione che prevedesse le autonomie anche regionali e che esse fossero tutelate: esemplificazione di ciò è l’Art. 5 della Costituzione.


Ma se le Regioni “Autonome” cioè Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige/Sudtirol, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna trovarono attuazione fin da subito, per le Regioni a statuto “ordinario” occorrerà aspettare più di 20 anni, dal 1948 al 1970 per trovare una prima attuazione. Durante questo “ventennio” le forze di Governo moderate, trovarono conveniente mantenere in vita la vecchia struttura centralista ereditata dal periodo monarchico e fascista. Su queste considerazioni pesarono le paure di un maggiore potere in certe zone delle forze di sinistra in particolare del PCI.


Alla fine degli anni ‘60 in un clima di maggiore apertura a certe istanze, vennero attuate le regioni prevedendo le prime elezioni per il 1970.


Le Regioni a statuto ordinario vennero sempre considerate con freddezza e diffidenza dal Governo centrale. Inizialmente le Regioni erano sottoposte ad un controllo statale, mediante il comitato di controllo, le stesse non ebbero un organico all’altezza poiché il legislatore nazionale le vedeva più come enti di programmazione e di coordinamento. La stessa autonomia legislativa presente sulla Carta era più di attuazione e di contorno di norme statali e le stesse Regioni non erano nemmeno autonome nel determinare il proprio statuto visto che veniva approvato da Legge statale.


La riforma del 2001, approvata in extremis dal governo di Centrosinistra a fine legislatura e successivamente ratificata da un referendum popolare, andava in senso autonomista dando più poteri alle Regioni ed abolendo diversi controlli ed imposizioni statali. Pur essendo importante lo sforzo, basti solo pensare alle richieste di Autonomia differenziata, che scaturiscono dall’art. 116 cost riformato, essa è stata una riforma per certi versi insufficiente e confusa basti pensare alle cosiddette materie “concorrenti” tra Stato e Regioni e conserva una notevole supremazia del Governo centrale sulle Regioni (per esempio sulla facoltà dello Stato di impugnare tutte le Leggi regionali dinnanzi alla Consulta, mentre le Regioni possono solo se la Legge statale eccede le proprie competenze).


Dopo la riforma del 2001 ci fu il tentativo fallito della Devolution del 2006, ma da una Decina fi di anni a questa parte l’intento del Governo nazionale è di togliere autonomia, dapprima con la scusa del mantenimento della spesa pubblica a livelli bassi e ora per togliere alle Regioni la potestà sulla sanità in virtù di una presunta inefficienza regionale di fronteggiare la Pandemia da Covid.


In tutto questo l’unica nota controcorrente è la richiesta di maggiori competenze da parte di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, con negoziati fermi.


Quindi auguri Regioni, che seppur non perfette, sono una garanzia contro lo strapotere dello Stato Centrale.

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